Anima da quasi cinquant’anni del Circolo del Cinema Bellinzona e critico cinematografico, è Michele Dell’Ambrogio a ricevere quest’anno il Premio Cinema Ticino, il riconoscimento biennale che rende omaggio a una personalità del nostro cantone che si è particolarmente distinta nel campo cinematografico.
Il premio – ha reso noto la giuria presieduta da Cristina Trezzini e composta da Nicola Bernasconi, Frédéric Maire, Antonio Mariotti e Seraina Rohrer – va a Dell’Ambrogio per il suo impegno costante e appassionato nella critica cinematografica e nella promozione della settima arte e per avere contribuito a renderla più vicina e accessibile al grande pubblico. Attraverso la sua decennale attività, Dell’Ambrogio ha operato a favore della visibilità del cinema d’autore, attraverso programmazioni attente a includere grandi classici, opere contemporanee, nuove tendenze.
Il premio sarà consegnato sul palco della Piazza Grande la sera di mercoledì 13 agosto nell'ambito del 78esimo Locarno Film Festival. Nel pomeriggio dello stesso giorno, Michele Dell’Ambrogio introdurrà la proiezione de L’Atalante di Jean Vigo alle ore 16:00 al Gran Rex.
Abbiamo chiesto a Michele Dell’Ambrogio di raccontarci il suo impegno per il cinema e come negli anni sono cambiate la critica e il pubblico.
Che cosa offre un cineclub oggi al suo pubblico e che pubblico ha?
“Da un punto di vista numerico abbiamo un’ottima rispondenza di pubblico ed è uno dei motivi che ci incitano ad andare avanti in questa attività. Noi a Bellinzona programmiamo più di 60 film a stagione e abbiamo una media che supera le 70 persone a proiezione, qualcosa di veramente inaudito perché a me capita di andare al cinema a vedere lo stesso tipo di film e di essere in sala con al massimo 8 persone. Quelle che ci frequentano, in genere sono persone sopra i cinquanta, sessant’anni. Il grosso problema è quindi quello di attirare i giovani: ce lo poniamo da tanti anni e non riusciamo a risolverlo e come noi probabilmente nemmeno tanti altri che operano nel settore culturale. Rimane un punto interrogativo. Noi assicuriamo l’entrata gratuita ai giovani, agli studenti, ma nonostante questo sono pochi quelli che vengono. Per quel che riguarda ciò che offriamo invece, ci muoviamo in due direzioni. Una riguarda il passato, perché pensiamo che sia molto importante non dimenticare i film che hanno fatto la storia del cinema e che anche se già visti vale la pena di rivedere. L’altra riguarda invece il cinema contemporaneo, quello - per comodità lo chiamo di qualità o d’arte - che viene molto spesso ignorato dalla distribuzione commerciale. Sono, diciamo, proposte un po’ da festival, che spesso non vengono distribuite o lo sono in quelle poche sale d’essai che ancora sopravvivono (con merito) dove però magari rimangono solo due o tre giorni in programmazione e poi non si vedono più.”
Si discute ancora dei film in un cineclub?
“Una volta c’era il dibattito (ride, ndr.) adesso evitiamo di farlo, a meno di non avere degli ospiti. Spesso possiamo avere dei registi, dei produttori o dei tecnici che hanno lavorato al film. Allora lì c’è la discussione con il pubblico. Altrimenti non possiamo pretendere che il pubblico, anche perché come detto non è giovanissimo, rimanga ancora fino a mezzanotte magari dopo due ore di proiezione. Sono tempi passati quelli. Però mi sforzo tutte le volte di introdurre brevemente il film prima della proiezione, per contestualizzarlo e dare qualche linea di lettura.”
Ha visto mutare nel corso degli anni l’interesse del pubblico per il cinema qui in Ticino?
“Ma certo. L’anno prossimo, saranno cinquant’anni che faccio questo lavoro, un lavoro volontario, non remunerato. Quando ho cominciato, alla fine degli Anni Settanta, c’era l’abitudine di andare al cinema, c’era l’abitudine di vedere certi film, un cinema che oggi è diventato più difficile da vedere. C’era un interesse anche legato al momento storico. Noi quando siamo partiti col Circolo del Cinema di Bellizona avevamo una forte dimensione politica. Questa dimensione non è sparita, però già da allora, già dopo pochi anni di attività, ci siamo concentrati più sullo specifico cinematografico, sul linguaggio del cinema, sul rapporto con le altre arti e sull’importanza storica dei un film.”
E per quanto riguarda il cinema ticinese? Come è cambiato?
“C’è stata una crescita importante dopo l’istituzione del CISA che ha formato diversi giovani, per lo meno tecnicamente. C’è una produzione di prodotti cinematografici ticinesi molto maggiore rispetto al passato che vale la pena di essere vista e che però si vede poco. La si vede nei festival, la si vede nelle rassegne dei cineclub, ma non ha una visibilità molto maggiore. Talvolta manca forse qualcosa di forte da dire, non in tutti i casi ben inteso, perché ci sono prodotti molto interessanti e molto utili. Comunque, è una produzione che noi teniamo d’occhio e che cerchiamo anche di mostrare, all’interno per esempio della rassegna che facciamo tutti gli anni sul cinema svizzero o anche attraverso proiezioni speciali.”
Mi rivolgo al Michele Dell’Ambrogio critico cinematografico. Il cinema di oggi secondo lei stimola la critica o è qualcosa di più neutro?
“Potrebbe e dovrebbe stimolare la critica ma purtroppo la critica cinematografica è in crisi profonda. Una volta c’era la critica cinematografica, c’erano i dibattiti, mi ricordo edizioni del Festival di Locarno in cui si tirava quasi mattina a discutere dei film proiettati. Oggi c’è un plauso quasi incondizionato praticamente per tutto quello che viene proposto, I film hanno le potenzialità per essere discussi, per essere oggetto di critica ma lo sono sempre meno, diventano un po’ il fenomeno di cui bisogna parlare, diventa più importante l’intervista al regista piuttosto che un dibattito critico.”
FC