Ticino Film Commission
01.08.2023 . Locarno 76

Mohammed Soudani e l’arte di raccontare l’autenticità di mondi distanti

Il 9 agosto in Piazza Grande il regista riceverà il Premio Cinema Ticino. Per l’occasione in prima assoluta al Locarno Film Festival si potrà veedere la versione restaurata in digitale di «Waalo Fendo». Del film e del suo autore parliamo con lo stretto collaboratore Giorgio Garini e con il direttore della Cineteca svizzera Frédéric Maire.

Mohammed Soudani (Foto © Ti Press-Samuel Golay)

Il suo occhio è attento a quello che la camera vede, la sua sensibilità e la sua esperienza gli permettono di raccontare in maniera autentica mondi geograficamente lontani fra loro. Mohammed Soudani è il vincitore del Premio Cinema Ticino, il riconoscimento assegnato ogni due anni a personalità della nostra regione che si sono distinte nell’ambito del cinema che gli verrà conferito in Piazza Grande mercoledì 9 agosto alle 21:30, nell’ambito del 76. Locarno Film Festival. Dani, così lo chiamano tutti i suoi amici, è nato in Algeria nel 1949 ma ha trovato in Ticino una terra d’adozione. È arrivato a Locarno all’inizio degli anni Settanta, dapprima come calciatore, e al cinema è giunto passando dall’Institut des Hautes Etudes Cinematographiques di Parigi e poi dagli Stati Uniti, formandosi come direttore della fotografia e infine imponendosi come regista non solo nel panorama ticinese. Al Festival infatti, giovedì 10 agosto alle ore 16:45 al Teatro Kursaal, il pubblico potrà riscoprire, in una versione restaurata in 4k dalla Cinémateque Suisse, quello che forse è il film più personale di Mohammed Soudani, «Waalo Fendo (Là où la terre gèle)», suo debutto nel lungometraggio di finzione, vincitore nel 1998 della prima edizione del Premio del cinema svizzero (ex aequo con «Das Schweigen der Männer» di Clemens Klopfenstein).

 

«Per me "Waalo Fendo" è uno dei più bei film sul tema dell’emigrazione – dichiara Frédéric Maire, direttore della Cineteca svizzera – racconta di gente che viene al nord, là dove la terra gela come dice appunto il sottotitolo, cercando lavoro, cercando di sopravvivere. Racconta non solo il perché queste persone intraprendano viaggi difficili per andare a lavorare dove sono trattate come schiavi, ma anche di tutto quello che vive chi emigra, con la nostalgia dei legami familiari, la perdita di una cultura ancestrale, la difficile integrazione in un paese straniero, spesso visto da chi parte come un mondo pieno di contraddizioni e crudele. Ciò che è affascinante di questo film è proprio il suo avere una dimensione di fiction documentaria, totalmente integrata in una realtà molto forte, e di saper quindi rendere il sentimento di quello che è il destino di un immigrato».

 

Questa dimensione del film è sottolineata anche da chi su «Waalo Fendo» ha lavorato fianco a fianco con Mohammed Soudani. «Secondo me è il suo film più libero e indipendente, nato proprio da una sua esigenza, girato con pochi mezzi ma con la massima serietà, il massimo impegno e rigore. È venuto fuori un lavoro molto umano e molto vero ed è per questo, penso, che è stato così apprezzato». A parlare è Giorgio Garini, un vero fratello di cinema per Mohammed Soudani. Garini, conosciuto fra l’altro per essere lo storico aiuto regista di Silvio Soldini, ha con Dani una profonda amicizia e un altrettanto profondo rapporto professionale, nato nella metà degli anni Novanta. Da allora ha collaborato a molti lavori di Mohammed Soudani, come «Oro Verde», «Roulette», «Lionel», «Taxiphone», girato nel deserto algerino, o il più recente documentario «L’Afrique des Femmes» oltre che naturalmente proprio a «Waalo Fendo», dove oltre che aiuto regista è stato anche montatore.

 

«Lo abbiamo girato prima a Milano – ricorda Garini – fra  il novembre e il dicembre del 1996. Dopo di che ci siamo trasferiti in Senegal, tra Dakar e un villaggio dell’estremo nord del Paese, Matam. Era il villaggio natale di Saidou Moussa Ba, co-autore della sceneggiatura insieme a Dani, nonché uno dei due protagonisti, entrambi non attori. Questo riprendere il cine-verité di una volta, il lavorare in una certa maniera con personaggi che hanno sì una sceneggiatura e dei dialoghi ma che non sono interpretati da attori, è proprio una delle caratteristiche di “Waalo Fendo”. Mi ricordo ad esempio una scena molto forte, girata alla Stazione Centrale, una delle location milanesi del film insieme al quartiere Giambellino e ai Navigli. Era un piano sequenza girato con macchina a mano, lasciato nel film quasi per intero. Non abbiamo usato comparse o bloccato strade. C’era dunque uno sfondo di verità totale, uno sguardo documentaristico in un cinema che però era di finzione pura».

 

«Sul set – sottolinea Garini, riferendosi non solo a “Waalo Fendo” – Dani è totalmente tranquillo. Ascolta l’équipe. Può sembrare uno che tende a scherzare ma è sempre molto attento a tutto, in particolare alla fotografia dato che è da lì che viene. Sotto la facciata di giocherellone è sempre serissimo nel lavoro. È una persona che ha le idee perfettamente chiare su quello che si deve fare e che si fida moltissimo dei suoi collaboratori più stretti. Un atteggiamento questo che garantisce un ottimo clima sul set».

 

Se questi sono alcuni dei tratti distintivi del fare cinema di Mohammed Soudani, centrale in tutta la sua cinematografia, è stato l’apporto di sua moglie, Tiziana Soudani, instancabile produttrice e fondatrice di Amka Films, casa di produzione insignita anch’essa, dieci anni fa, del Premio Cinema Ticino. Una personalità importante nel panorama del cinema ticinese e svizzero purtroppo venuta a mancare nel 2020. «Dire che Tiziana era fondamentale – ricorda Giorgio Garini – è forse fin troppo poco. Era lei il motore, era lei che non mollava mai finché non riusciva a trovare i fondi per produrre, per realizzare i progetti. Erano veramente una cosa sola loro due, un binomio totale. Allo stesso tempo il loro rapporto professionale era chiarissimo, Tiziana non entrava nel lato artistico dei film di Dani e ha prodotto tantissimi altri lavori, non solo quelli di suo marito. Anche per “Waalo Fendo” ci ha supportati moltissimo».

 

«Finito di girare – conclude Garini tornando al film – è cominciato il montaggio. Sono andato a casa di Dani e Tiziana, nel Locarnese, dove avevano all’epoca una vera moviola a pellicola. Ci siamo chiusi lì e il lavoro è durato diversi mesi. Ho tanti bei ricordi legati a “Waalo Fendo”, come il capodanno che abbiamo passato in Senegal, a Dakar, in mezzo a impressionanti botti e fuochi d’artificio, una marea di gente in strada e un clima gioioso. E mi ricordo anche di quando Dani ha ricevuto la notizia della vittoria al Premio del cinema svizzero. Eravamo nuovamente in Africa, in Costa d’Avorio dove lui era direttore della fotografia e io primo aiuto regista sul set di “Adanggaman” di Roger Gnoan M’Bala, prodotto da Tiziana. Fu lei a chiamare per informarlo. Dani non se lo aspettava affatto, essendo “Waalo Fendo” un film low budget, da battaglia diciamo – ride Garini. Era felicissimo. Ha preso ed è tornato in Svizzera, una toccata e fuga per ritirare il riconoscimento e poi è subito tornato al lavoro in Africa. Mostrandoci il premio!».

 

Ora «Waalo Fendo» torna in una versione digitalizzata e così come a un film sono legati mille aneddoti di lavorazione, anche per quanto riguarda il restauro ci sono storie da raccontare. Prima di tutto, l’operazione si lega alla conservazione degli archivi di diverse case di produzione ticinesi presso la Cineteca svizzera, «un movimento – spiega Frédéric Maire – in corso da un paio d’anni, nel quale la Ticino Film Commission ha svolto un ruolo importante dando un impulso decisivo. Fra gli archivi arrivati da noi, c’era anche quello dell’Amka. Noi abbiamo un mandato della Confederazione per digitalizzare tutti i film vincitori del Premio del cinema svizzero e pensavamo, nel caso di “Waalo Fendo”, che l’originale si trovasse appunto nei depositi di Amka, a Savosa. Ma vuotandoli il film non è saltato fuori. Questo lavoro di trasferimento degli archivi ci ha però permesso di ritrovare i documenti tramite i quali siamo riusciti a rintracciare gli elementi originali del film. Erano rimasti in un laboratorio in Francia. Abbiamo così potuto recuperare tutti i negativi immagine e suono in 16mm, li abbiamo fatti venire in Svizzera e abbiamo quindi potuto digitalizzarli in 4K, con la nostra supervisione e il sostegno finanziario dell’Ufficio Federale della Cultura. Per me si tratta di un film che ha ancora una immensa valenza e spero che il fatto di averlo digitalizzato possa dargli una nuova carriera».  Anche perché, le problematiche descritte in «Waalo Fendo» non solo non si sono risolte ma rimangono più attuali che mai.

FC

 

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