La padronanza
dello sguardo
Adriano Kestenholz
I musei sono luoghi nei quali le opere ci conducono per mano, luoghi sacri alle muse, luoghi di transito e di passaggio, dove lo sguardo si rovescia per giacere dalla parte delle cose: le opere d&a
I musei sono luoghi nei quali le opere ci conducono per mano, luoghi sacri alle muse, luoghi di transito e di passaggio, dove lo sguardo si rovescia per giacere dalla parte delle cose: le opere d’arte ci seducono, ci catturano. Giungono a toccare i nostri gusti, le nostre emozioni, la nostra cultura. Nei musei siamo guardati ovunque dalle opere, le stesse ci guardano e ci riguardano - questione di padronanza dello sguardo.
Osservare un quadro, una scultura, un oggetto d’arte è incorrere nel suo sguardo. Così nel labirinto delle forme anche il vuoto si fa sguardo.
Qui le forme sembrano danzare nella luce. Forse le stanze di questo museo sono spazi ideali per dialoghi privi di emozioni e moti d’animo; per personaggi che si intrattengono in conversazioni dove tutto scivola, tutto è superficie, costrutto, artificio. Un luogo a favore dell’astrazione dell’intelletto, quasi a suffragio del motto di Paul Valery: “Quello che c'è di più profondo nell'uomo è la pelle”.
Inquieto e perturbante è lo sguardo quando emerge dalle figure immobili dell’altro. Come per un’eco lontana, in questo museo, risuonano le parole dell’ipnotico film "Anche le statue muoiono" del 1951: “Quando gli uomini sono morti entrano nella storia. Quando le statue sono morte entrano nell’arte. Questa botanica della morte è ciò che chiamiamo cultura”.
Ogni museo ha una sua parte sommersa, lontana dagli occhi del pubblico, dove le opere d’arte intrattengono fra loro misteriose relazioni. I depositi dei musei sono luoghi segreti nei quali la latenza del visibile è ordita soltanto da relazioni virtuali. Qui le opere sono disposte per molteplici combinazioni. Forse i depositi dei musei sono lo spazio ideale per conversazioni nelle quali si gioca il destino delle storie. Luoghi nascosti, segreti e aperti al futuro.
Nel parco, sullo sfondo del ciclo delle stagioni si stagliano sculture il cui sogno più intimo è di sospendere lo scorrere del tempo, far si che il tempo, diventando di bronzo o di pietra, provi l’eternità.
I quadri come finestre e le finestre come quadri. Qui il molteplice si confronta con l’uno e l’arte dialoga con l’esterno: oltre le cornici delle singole opere lo spazio del museo si apre sul proprio fuori.
ll museo come cornice delle opere si fa finestra sul mondo e la veduta sul paesaggio lacustre diviene artificio.
Museo d'arte della Svizzera italiana (MASI), Lugano
Qui è un intero secolo che ci interpella. Un lembo di storia incarnata nel gesso. Siamo guardati da ovunque, da eroi, da uomini semplici, da statisti e poeti, da artisti, imperatori e teologi. Se è vero che l’arte è lo specchio di una società in che cosa ancora assomigliamo a questi uomini? A questi bianchi fantasmi della storia?
Osservare un quadro, una scultura, un’oggetto d’arte è incorrere nel suo sguardo. Così nel labirinto delle forme anche il vuoto si fa sguardo.
Regista e videoartista. Ha studiato cinema e storia dell’arte a Parigi. Ha realizzato documentari d’arte e videoinstallazioni. Da alcuni anni vive ad Ascona.